25 maggio 2009

lettera aperta sull'allontanamento dei comunitari

Cari Ministri,
sottopongo alla Vostra attenzione alcune considerazioni sulla disposizione, contenuta nel pacchetto sicurezza, che sanziona con l'arresto da uno a sei mesi e l'ammenda da 200 a 2000 euro il cittadino comunitario che non rispetti l'obbligo di consegnare al consolato italiano l'attestazione di ottemperanza all'allontanamento.


Mi sembra che una disposizione di questo genere non sia compatibile con la Direttiva 38/2004. La direttiva, infatti, stabilisce (art. 15, co. 3) che non puo' essere vietato il reingresso a seguito di un allontanamento legato alla mancanza dei requisiti previsti per il diritto di soggiorno.


Il reingresso rimane quindi regolato dalle disposizioni ordinarie e non puo' essere condizionato all'adempimento di oneri da parte del comunitario diversi da quelli imposti a qualunque altro cittadino comunitario che entri per la prima volta in Italia.


Meno che mai, allora, potra' essere gravato da un obbligo, come quello configurato dalla disposizione del pacchetto sicurezza.


Per di piu', tale obbligo, costringendo l'interessato a recarsi nel proprio paese, limiterebbe il suo diritto di recarsi direttamente in altro Stato membro e violerebbe l'art. 4, co. 1 della Direttiva 38/2004:


"1. Senza pregiudizio delle disposizioni applicabili ai controlli dei documenti di viaggio alle frontiere nazionali, ogni cittadino dell'Unione munito di una carta d'identità o di un passaporto in corso di validita' e i suoi familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro e muniti di passaporto in corso di validita' hanno il diritto di lasciare il territorio di uno Stato membro per recarsi in un altro Stato membro."


E' vero che lo Stato italiano puo', in base all'art. 36 della Direttiva, determinare sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni adottate in base alla direttiva stessa. Ma valgono le due considerazioni che seguono:


1) non puo' che spettare allo Stato stesso la dimostrazione che la violazione ha avuto luogo. E la mancata ottemperanza all'obbligo di consegna dell'attestazione non puo' evidentemente essere fatta valere come prova di mancata ottemperanza all'allontanamento, a meno di non invertire illegittimamente l'onere della prova;


2) l'imposizione di un obbligo al comunitario allontanato per mancanza dei requisiti si configura di per se' come sanzione (dal momento che limita il suo diritto a circolare immediatamente e liberamente negli altri Stati membri), e tale sanzione e' di fatto irrogata senza che vi sia stata alcuna violazione delle disposizioni nazionali. La mancanza di requisiti per il soggiorno di lunga durata non costituisce infatti violazione delle disposizioni, ma solo motivo per l'adozione di un provvedimento di allontanamento.


Infine, riguardo all'efficacia della disposizione in esame, occorre tener presente un aspetto non trascurabile. E' vero che essa ostacolerebbe il cittadino comunitario che, a seguito di un allontanamento, intenda restare sul territorio. Ma, nella stragrande maggioranza dei casi, non risolverebbe affatto il problema di come adottare, a carico di un comunitario privo di requisiti per il soggiorno di durata superiore a tre mesi, il primo provvedimento di allontanamento. A fronte di qualunque controllo sul possesso dei requisiti, il comunitario potra' sempre affermare di essere appena entrato in Italia o, per controlli successivi al primo, di essere uscito e rientrato successivamente al controllo precedente. Spettera' all'Amministrazione provare il contrario, dato che nessun soccorso viene, in questo caso, dalla disposizione del pacchetto sicurezza. In mancanza di tale prova, il comunitario potra' far valere, con giusta alterigia, il diritto sancito dall'art. 6, co. 1 della Direttiva:


"1. I cittadini dell'Unione hanno il diritto di soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per un periodo non superiore a tre mesi senza alcuna condizione o formalita', salvo il possesso di una carta d'identita' o di un passaporto in corso di validita'."


E tale diritto vale (art. 14, co. 1 della Direttiva) finche' il cittadino comunitario non diventa un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato. Vale quindi in tutti i casi in cui il sistema di assistenza sociale non si sia affatto attivato a beneficio dell'interessato.


Benche' sia comprensibilissima la preoccupazione di dare sostanza alla facolta' dello Stato di allontanare un cittadino comunitario che non abbia i requisiti previsti, credo si debba accettare il fatto che le disposizioni in materia di limitazione del diritto di soggiorno per ragioni diverse da ordine pubblico e sicurezza sono assolutamente inefficaci ad impedire tale soggiorno. Restano efficaci ai soli fini dell'esclusione del cittadino comunitario dal godimento di diritti correlati (ad esempio, riguardo all'acquisizione del diritto di soggiorno permanente).


Si tratta allora di una battaglia irrimediabilmente persa? Credo proprio di si', sempre che abbia senso combattere di queste battaglie. La situazione e' simile a quella di un parroco che non sopporti che un mendicante chieda l'elemosina in chiesa, disturbando i fedeli intenti a pregare. Il parroco in questione non puo' fare altro che frapporsi tra il mendicante e la persona cui viene chiesta l'elemosina ogni volta che questo avviene. Ma non puo' mettere fuori dalla chiesa il mendicante. Per due ragioni. Una - che qui non rileva - di carattere sostanziale: Matteo 25, 31-46. L'altra, di carattere formale: il mendicante potrebbe dirsi contrito per aver disobbedito agli ordini del parroco ed esigere il proprio diritto di pregare per ottenere il perdono divino.


Cordiali saluti
sergio briguglio

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