25 novembre 2011

ius soli, Marino e Crialese

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/novembre/nota-marino-cittadinanza.html del mio sito troverete una nota, scaricata dal sito del Sen. Ignazio Marino, relativa ai contenuti del disegno di legge di modifica della normativa sulla cittadinanza, presentato dallo stesso Sen. Marino e da altri centododici senatori alcuni giorni fa.

Non ho letto il testo del disegno di legge, ma dalla nota ricavo in modo inequivocabile che si propone di introdurre in modo secco lo ius soli: "E' cittadino per nascita chi è nato nel territorio della Repubblica".

Ho grande stima del Sen. Marino e, probabilmente, di molti dei centododici colleghi che hanno firmato il disegno di legge.

Esso - il disegno di legge - e' pero' frutto di un approccio pericolosamente superficiale.

L'art. 19, co. 2 D. Lgs. 286/1998 prevede oggi il divieto di espulsione della donna incinta e di quella che abbia partorito da meno di sei mesi. E' una norma che fa onore all'Italia. Di piu': una norma che viene sanamente applicata, a tutela della donna (e del bambino) anche nei casi in cui tecnicamente si potrebbe procedere a respingimento alla frontiera.

Per inciso: una norma sconosciuta a Crialese.

Non deve essere per nessuna ragione cancellata.

Se venisse approvata una modifica come quella proposta da Marino, la donna incinta che riesca a mettere piede in Italia avrebbe diritto, a normativa invariata per il resto, a partorire nel nostro paese un cittadino italiano. Acquisterebbe poi automaticamente un diritto di soggiorno in quando madre di cittadino italiano.

Potremmo meravigliarci, a quel punto, per una presenza abnorme di donne incinte sui barconi che attraversano il Canale di Sicilia? E avremmo diritto di versare lacrime in caso di affondamento di uno di quei barconi?

E quale mezzo resterebbe, per bloccare il flusso, se non la soppressione di quel divieto di espulsione o il ripristino dei respingimenti in mare?

Se si vuol procedere a una riforma sulla cittadinanza, si riparta dal testo Sarubbi-Granata (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2009/settembre/ac-2670.html) o dal testo Bressa, Amici, Zaccaria et al. (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2008/dicembre/ac-457.html), frutto di una lunga riflessione iniziata con l'esame del disegno di legge presentato dal Ministro Amato durante la scorsa legislatura.

Cordiali saluti
sergio briguglio

22 novembre 2011

la riforma del diritto del lavoro e il teatro giapponese

Cari amici,
per una volta vi scrivo in merito a un tema - la riforma del diritto del lavoro - apparentemente lontano da quello dell'immigrazione. In realta', essendo il lavoro uno degli aspetti principali della vita degli stranieri in Italia, le interazioni tra i due temi sono tutt'altro che trascurabili.

Nel suo discorso programmatico al Senato, il Presidente del Consiglio Monti ha affermato:

"Con il consenso delle parti sociali dovranno essere riformate le istituzioni del mercato del lavoro, per allontanarci da un mercato duale dove alcuni sono fin troppo tutelati mentre altri sono totalmente privi di tutele e assicurazioni in caso di disoccupazione. Le riforme in questo campo dovranno avere il duplice scopo di rendere piu' equo il nostro sistema di tutela del lavoro e di sicurezza sociale e anche di facilitare la crescita della produttivita', tenendo conto dell'eterogeneita' che contraddistingue in particolare l'economia italiana. In ogni caso, il nuovo ordinamento che andra' disegnato verra' applicato ai nuovi rapporti di lavoro per offrire loro una disciplina veramente universale, mentre non verranno modificati i rapporti di lavori regolari e stabili in essere."

Parole di questo genere provocano spesso, soprattutto a sinistra, un principio di mal di stomaco, perche' vi si legge - per dirla senza giri di parole - un attacco all'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.

Naturalmente, stando a quanto Monti afferma, le eventuali modifiche non intaccherebbero la posizione di chi oggi e' coperto dalla tutela dell'articolo 18 ("non verranno modificati i rapporti di lavoro regolari e stabili in essere"). Si teme pero', a sinistra, che la protezione accordata al lavoratore che stipuli un contratto all'indomani dell'eventuale riforma risulti assai piu' debole di quella oggi garantita da quell'articolo.

Molti - Pietro Ichino, soprattutto - fanno osservare come la protezione dell'articolo 18 sia riservata, oggi, solo a una frazione dei lavoratori, restandone esclusi sia i dipendenti di imprese con meno di sedici dipendenti, sia i lavoratori con i quali l'imprenditore abbia stipulato un contratto a termine o altro contratto atipico: e' a questa esclusione che si riferisce Monti quando parla di mercato del lavoro duale. A queste osservazioni, pero', alcuni dei difensori dell'articolo 18 replicano che il superamento del mercato duale va perseguito con l'estensione erga omnes della cosiddetta tutela reale (quella appunto garantita dall'articolo 18).

Ichino, invece, propone (A.S. 1873; http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/novembre/ddl-1873.html) l'istituzione, per i futuri rapporti di lavoro, di un unico tipo di contratto (salvo eccezioni qui trascurabili). Si tratterebbe di un contratto a tempo indeterminato, sottoposto a una disciplina del recesso per motivi economici da parte del datore di lavoro significativamente diversa da quella prevista dalle disposizioni oggi in vigore.

A me sembra che la protezione offerta dal modello proposto da Ichino sia  preferibile, dal punto di vista del lavoratore, non solo rispetto al nulla previsto oggi per la maggior parte dei contratti atipici (si pensi alla conclusione naturale di un contratto a termine: saluti a casa, e chi si e' visto si e' visto...), ma anche - e su questo chiedo il vostro giudizio critico - rispetto alla protezione garantita, per il lavoratore subordinato a tempo indeterminato, dalle norme vigenti.

Mi spiego (con imprecisione da fisico), concentrandomi sul licenziamento per motivi economici, dal momento che ne' l'impianto del licenziamento per grave inadempimento del lavoratore (giusta causa) ne' le sanzioni contro il licenziamento discriminatorio vengono toccati in modo rilevante dalle proposte di riforma.


I. Le norme vigenti

Il licenziamento individuale per motivi economici, per essere legittimo, deve essere sorretto da "ragioni inerenti all'attivita' produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa" (art. 3 L. 604/1966). Il lavoratore licenziato puo' impugnare il licenziamento, ed e' il giudice a valutare se sussista o meno una di queste ragioni - se sussista o meno, cioe', il cosiddetto giustificato motivo oggettivo.

Nel caso in cui il giudice ritenga non adeguatamente giustificato il licenziamento, le conseguenze sono molto diverse a seconda che si applichi o meno l'articolo 18. Se non si applica (impresa con un numero di dipendenti non superiore a 15), il datore di lavoro puo' scegliere tra la riassunzione del lavoratore (senza diritto a risarcimento per la retribuzione perduta) e la corresponsione di un'indennita' di entita' fissata dal giudice in misura compresa di norma tra 2.5 e 6 mensilita'.

Se l'articolo 18 si applica (impresa con piu' di quindici dipendenti), il lavoratore e' reintegrato nel posto di lavoro e ha diritto ad un risarcimento commisurato alla mancata retribuzione dalla data del licenziamento a quella della reintegrazione. Il lavoratore puo' inoltre optare, in luogo della reintegrazione, per una ulteriore indennita' pari a 15 mensilita' della retribuzione globale. In media, data anche la durata dei processi, si stima che al datore di lavoro un licenziamento illegittimo costi circa 34 mensilita'.

Di solito, il dibattito sul tema si sofferma sull'evidente disparita' tra le due categorie di lavoratori (i dipendenti di grandi aziende e i dipendenti di piccole aziende); disparita' che diventa abisso - come detto - quando si guardi a lavoratori che prestano la loro opera nell'ambito di un contratto di lavoro subordinato a termine o di un contratto di lavoro (formalmente) autonomo, quale la collaborazione a progetto.

Raramente si fa caso all'ipotesi fin qui non considerata: che il giudice, cioe', ritenga adegatamente motivato il licenziamento. In questo caso, il licenziamento e' pienamente efficace e al lavoratore non spetta alcuna forma di indennita', ne', ovviamente, di risarcimento del danno per mancata retribuzione.

Il punto su cui voglio richiamare la vostra attenzione e' che a decidere sulla validita' di un motivo afferente all'organizzazione di un'impresa e' chiamato un giudice. Ora, salvo lodevoli eccezioni, un giudice si intende di organizzazione aziendale quanto io mi intendo di teatro giapponese. Per di piu', non sapendo che pesci prendere, tende ad allinearsi ad orientamenti consolidati della giurisprudenza che, proprio perche' consolidati, affondano le loro radici in contesti economici remoti e completamente diversi da quello nel quale si inserisce il caso da giudicare.

Notate che una decisione errata del giudice provoca un danno soggettivamente contenuto se il soggetto danneggiato dall'errore e' l'impresa. Ne provoca uno enorme se ad essere danneggiato e' il lavoratore licenziato.

Chi di noi definirebbe adeguata la tutela della salute offerta da un ospedale dotato di strutture d'avanguardia, nel quale pero' la terapia venga decisa tirando i dadi?


II. La proposta di Ichino (per come l'ho capita)

Ichino propone che i contratti di lavoro siano stipulati, a partire dalla data di entrata in vigore dell'eventuale riforma, nella forma di contratti a tempo indeterminato.

Il licenziamento per motivi economici sarebbe sottratto, per i primi vent'anni di anzianita' di servizio del lavoratore, al vaglio del giudice, a meno che il lavoratore non lo impugni come licenziamento discriminatorio. In caso, invece, di lavoratore con oltre vent'anni di anzianita', il carattere discriminatorio verrebbe presunto, con conseguente applicazione, a meno che il datore non dimostri, in giudizio, l'esistenza del giustificato motivo oggettivo, delle sanzioni oggi previste dall'articolo 18 (risarcimento del danno per la retribuzione non corrisposta e reintegrazione nel posto di lavoro o, a scelta del lavoratore, corresponsione di ulteriore indennita').

In tutti i casi (a prescindere dalla soglia di anzianita' ventennale), il datore di lavoro dovrebbe comunque corrispondere al lavoratore un'indennita' pari a una mensilita' per ogni anno di anzianita' di servizio maturato.

Tra datore di lavoro e lavoratore licenziato (solo, pero', nel caso di imprese con piu' di quindici dipendenti) verrebbe stipulato un contratto di ricollocazione. Nell'ambito di questo contratto, il datore di lavoro sarebbe tenuto a garantire al lavoratore assistenza intensiva (anche mediante formazione e riqualificazione) nella ricerca di nuova occupazione. In caso di lavoratore con almeno due anni di anzianita' sarebbe garantita anche l'erogazione di una indennita' complementare di disoccupazione pari al 90% della retribuzione per il primo anno, all'80% per il secondo, al 70% per il terzo.

(Per inciso, queste disposizioni si applicherebbero anche al caso di licenziamento disciplinare ritenuto illegittimo dal giudice (assenza di una giusta causa), per il quale il datore di lavoro abbia optato per la corresponsione dell'indennita' sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro.)


A me sembra che un impianto di questo genere abbia il grande pregio della eliminazione della aleatorieta' di un giudizio non sorretto da competenza tecnica; al punto che non sono affatto certo che il lavoratore ipoteticamente assunto a tempo indeterminato in una grande azienda il giorno prima della data di eventuale entrata in vigore di una tale riforma (con diritto alla tutela da articolo 18) avrebbe da rallegrarsi per non essere stato assunto il giorno dopo quella data (con diritto alla tutela indennitaria e al contratto di ricollocazione).

Se fossi nei sindacati e nei partiti di sinistra, mi darei quindi da fare non per rifiutare o contrastare la riforma, ma, caso mai, per spuntare dalla controparte imprenditoriale o politica contenuti quantitativamente piu' favorevoli (riguardo a estensione dell'applicazione del contratto di ricollocazione, oneri del datore nell'ambito di tale contratto, importo dell'indennita' di licenziamento, etc.).

In particolare - e qui mi immergo nuovamente nella questione immigrazione - penso a come sarebbe opportuno che forme di indennita' e ricollocazione venissero estese al settore del lavoro domestico - un settore per il quale il licenziamento non prevede alcuna forma di protezione per il lavoratore. Non ricordo di aver mai sentito voci di protesta sul punto nei dibattiti relativi alla riforma del mercato del lavoro.

Rifiutare la riforma significa - temo - rinviarla a un tempo in cui a vararla sara' la sola destra, con contenuti probabilmente assai meno vantaggiosi per i lavoratori.

Vi saro' grato se mi farete avere le vostre osservazioni sulla materia.

Cordiali saluti
sergio briguglio

17 novembre 2011

corso asgi - provincia di roma

Cari amici,
ricevo da Salvatore Fachile questa segnalazione di un corso di formazione organizzato dall'ASGI per conto della Provincia di Roma.

Cordiali saluti
sergio briguglio


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Sono aperte fino al 25 novembre 2011 le iscrizioni a TATTIC,
un corso gratuito di formazione giuridico-relazionale sull'immigrazione;
diretto a operatori pubblici e privati che sono interessati/e a formarsi per lavorare meglio con i migranti ,
il corso è finanziato dal Fondo Europeo (FEI), gestito dalla Provincia di Roma,
le lezioni di diritto sono curate da ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione),
mentre quelle relazionali dall'Associazione Le Barbe della Gioconda.
  • il corso si terrà in 4 differenti sedi: Roma, Pomezia, Tivoli e Civitavecchia: ogni corsista può scegliere la sede in cui iscriversi, ma è importante considerare che la sede di Roma Testaccio è molto più richiesta e non è certo che si possa far partecipare tutti.
  • Ogni classe sarà composta da 15 corsisti.
  • ci saranno 12 incontri di 5 ore, una mattina a settimana a partire da dicembre 2011.
Di seguito l'estratto del bando pubblicato dalla Provincia di Roma e il link per iscriversi.


http://www.provincia.roma.it/attiedocumenti/avvisi/avviso-la-selezione-di-60-partecipanti-alle-attività-formative-previste-dal-pr

Avviso per la selezione di 60 partecipanti alle attività formative previste dal progetto TATTIC
Avviso per la selezione di 60 partecipanti alle attività formative previste dal progetto TATTIC (Territori di Accoglienza, Tutela dei diritti e Integrazione dei Cittadini dei paesi terzi) - finanziato nell'ambito del Fondo Europeo per l'integrazione di cittadini dei Paesi Terzi (FEI) rivolto ad operatori CPI e della rete dei servizi pubblici per l'impiego; dipendenti, collaboratori e volontari dell'associazionismo e del Terzo Settore.

16 novembre 2011

ancora sul dpr 179/2011

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/novembre/somm-dpr-179-2011.html troverete un sommario del DPR 179/2011 (Regolamento relativo all'accordo di integrazione), contenente anche alcune note critiche.

Per una valutazione del testo mi limito a riportare qui sotto quanto avevo scritto in merito allo schema di regolamento approntato un anno fa. Le considerazioni restano attuali, data la scarsa entita' delle differenze tra quel testo e quello definitivamente adottato.

Cordiali saluti
sergio briguglio


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Date: Mon, 25 Oct 2010 10:33:43 +0200
To: Recipient List Suppressed:;
From: Sergio Briguglio <sergio.briguglio@enea.it>
Subject: accordo di integrazione: una virgola e sedici punti
Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/somm-accordo-integrazione.html troverete un sommario delle principali disposizioni contenute nello schema di regolamento relativo all'accordo di integrazione.

Il riferimento e' al testo comunicato dalla Presidenza del Consiglio ai Ministri competenti, alla Conferenza delle Regioni e delle Province auronome e alla Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali (http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2010/ottobre/schema-reg-acc-integraz.pdf), in parte diverso da quello a suo tempo pubblicato da diversi siti web. In particolare, e' prevista l'assegnazione di un bonus iniziale di 16 punti ed e' scomparsa la previsione di una possibile influenza dell'inadempimento parziale da parte dello straniero sulle decisioni dell'amministrazione in materia di concessione della cittadinanza.

Vi propongo qui due osservazioni - la prima seria, la seconda meno - sui contenuti dello schema di regolamento.


1) E' previsto che la risoluzione dell'accordo per inadempimento determini la revoca o il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero, salvo che lo straniero appartenga ad una delle categorie per le quali vige un divieto di espulsione.

Questa disposizione non sembra sufficientemente rispettosa del dettato della legge. L'articolo 4-bis D. Lgs. 286/1998 impone infatti che non si proceda ad allontanamento dello straniero, non solo nei casi in cui valga un esplicito divieto di espulsione, ma in tutti i casi relativi a "straniero titolare di permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell'Unione europea, [od a] straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare" - in tutti i casi, cioe', in cui la posizione dello straniero e' regolata dalla legge in modo conforme a specifiche direttive europee.

Non mi e' dato di comprendere i motivi di uno scostamento cosi' marcato della disposizione regolamentare da quella di rango superiore.


2) Lo schema di regolamento chiarisce che i 16 punti di bonus iniziale corrispondono, coerentemente con quanto riportato nell'Allegato B allo stesso schema, al raggiungimento del livello A1 di conoscenza della lingua italiana (10 punti) e ad una conoscenza sufficiente della cultura civica e della vita civile in Italia (6 punti). Se al momento della verifica dell'accordo si rileva come lo straniero non abbia raggiunto il livello A1 di conoscenza della lingua italiana e/o un livello sufficiente di conoscenza della cultura civica e della vita civile in Italia, i punti corrispondenti vengono decurtati. Primo dubbio: dato che accumulazione e perdita di punti hanno effetto solo a partire dal momento in cui la verifica viene effettuata (due anni dopo la sottoscrizione dell'accordo), quale importanza puo' avere il fatto che lo Stato scommetta sul fatto che lo straniero riuscira' comunque a raggiungere quei livelli minimi di conoscenza? Puo' forse lo straniero utilizzare la dotazione iniziale di punti, in attesa che la verifica abbia luogo, per conquistare piu' facilmente l'elegante tostapane di Carrefour?

Lo schema continua disponendo che, qualora invece in sede di verifica siano accertati livelli di conoscenza superiori ai minimi corrispondenti al bonus iniziale, "si provvede al riconoscimento dei crediti, aggiuntivi rispetto a quelli attribuiti all'atto della sottoscrizione, nella misura corrispondente al livello di conoscenza effettivamente accertato". Ho riportato tra virgolette il frammento perche' la punteggiatura gioca qui, a fini ermeneutici, un ruolo fondamentale.

Se la parola aggiuntivi non fosse preceduta da una virgola, si potrebbe interpretare il testo nel senso che - poniamo - il conseguimento di un livello A2 nella conoscenza della lingua italiana comporti l'assegnazione allo straniero di ulteriori 10 punti (tale e' la differenza di punteggio prevista tra i due livelli nell'Allegato B). Se cosi' fosse, l'assegnazione del bonus iniziale risulterebbe totalmente priva di significato. Avrebbe infatti rilievo solo il punteggio calcolato a seguito della verifica, e nelle more di questa, a meno di improbabili convenzioni con la Carrefour, lo straniero potrebbe fare dei 16 punti di bonus un uso che il decoro mi vieta di esplicitare.

La virgola pero' c'e' e impone una diversa interpretazione: il conseguimento del livello A2 (resto all'esempio di prima) comporta l'assegnazione di 20 punti oltre ai 16 inizialmente concessi allo straniero. Se e' vero che questa e' l'unica interpretazione possibile della disposizione regolamentare, ne derivano due conseguenze. La prima - positiva, sotto il profilo della tecnica normativa - e' che l'assegnazione del bonus non resta priva di significato: basta infatti conseguire livelli di conoscenza superiori a quelli minimi per incamerare, nei fatti, per due volte il punteggio previsto per gli stessi minimi(*).

La seconda conseguenza - meno positiva sotto quello stesso profilo - e' che tutta la complessa definizione dei punteggi che spettano allo straniero che venga insignito alla medaglia d'oro al valor civile, si laurei alla Normale di Pisa o faccia venti ore settimanali di volontariato alle Misericordie ha rilievo solo quando lo stesso straniero sia uno sfaticato, un formidabile evasore fiscale, un delinquente di mezza tacca e/o un pessimo automobilista. Vediamo perche'.

Qualora lo straniero abbia figli in eta' da obbligo scolastico, l'inadempimento colpevole di tale obbligo comporta l'inadempimento dell'accordo, quale che sia il punteggio conseguito. Assumiamo allora che non vi siano figli, o che, essendovene, l'obbligo scolastico sia debitamente rispettato. Assumiamo anche, per il momento, che lo straniero sia sufficientemente coscienzioso da frequentare il corso di educazione civica organizzato dallo Sportello Unico e che non commetta reati ne' illeciti amministrativi o tributari. Sotto queste ipotesi, lo straniero non puo' conseguire  un punteggio negativo. Potrebbe conseguire un punteggio pari a zero, ma solo se fallisse nel raggiungere perfino il livello minimo di conoscenza della lingua italiana e quello minimo di conoscenza della cultura civica; gli bastera' pero', in casi del genere, scegliere il medico di base per ottenere 4 punti utili a scongiurare il rischio di inadempimento dell'accordo. E' evidente come anche in questa ipotesi la dettagliata corrispondenza tra azioni e punteggi di cui all'Allegato B perda gran parte della propria importanza (fatta eccezione, naturalmente, per quanto previsto per la citata scelta del medico).

Mi si potrebbe obiettare che un peso, invece, quella classificazione lo acquisti quando si tratti di decidere se l'accordo si estingua per adempimento (e vissero tutti felici e contenti) o se piuttosto se ne debba decretare l'inadempimento parziale (con incerti strascichi nei futuri rapporti tra straniero e Stato). Farei allora osservare che l'estinzione per adempimento richiede, si', che siano conseguiti almeno 30 punti, ma  anche che siano raggiunti il livello A2 di conoscenza dell'italiano e il livello sufficiente di conoscenza della cultura civica. Se tali livelli non vengono raggiunti, il punteggio conseguito per altri meriti non conta nulla. Se invece vengono raggiunti, il punteggio conseguito non puo' essere inferiore, per quanto detto sopra, a 36 punti(**), a prescindere, ancora una volta, da ulteriori meriti; l'indicazione del medico di base, poi, portera' certamente lo straniero ai 40 punti richiesti per ottenere le ambite facilitazioni per la partecipazione ad attivita' culturali quali la cerimonia dell'ampolla sul Po o i concerti di Apicella a Villa Certosa.

Diverso e' il caso, naturalmente, dello straniero che perda punti - mettiamo - marinando il corso di educazione civica e/o accumulando ammende di 200mila euro per evasione fiscale, condanne a quattro anni di reclusione per avere messo sotto un ciclista in una notte di pioggia o a tre mesi di arresto per qualche reato bagatellare. In tutti questi casi, l'ammissione dello straniero all'Accademia dei Lincei non sara', ai fini dell'adempimento dell'accordo, avara di benefiche conseguenze.

Cordiali saluti
sergio briguglio


(*) Il lettore che nutra dei dubbi sull'affermazione sopra riportata confronti le due seguenti situazioni:

a) straniero che consegua il livello A2 e il livello buono nella conoscenza della cultura civica, in assenza di bonus iniziale: gli spettano

        20 punti (livello A2) +
        9 punti (livello buono) =
        =       10 punti (livello A1) +
                6 punti (livello sufficiente) +
                10 punti (differenza tra livello A2 e livello A1) +
                3 punti (differenza tra livello buono e livello sufficiente) =
        = 29 punti

b) stesso straniero, in presenza di bounus iniziale: gli spettano

        16 punti (bonus = livello A1 + livello sufficiente) +
        20 punti (livello A2) +
        9 punti (livello buono) =
        =       2x10 punti (livello A1) +
                2x6 punti (livello sufficiente) +
                  10 punti (differenza tra livello A2 e livello A1) +
                  3 punti (differenza tra livello buono e livello sufficiente) =
        = 45 punti

(**) Per il lettore laureato al Cepu: 16 punti di bonus + 20 punti aggiuntivi per il livello A2 = 36 punti.

14 novembre 2011

3 novembre 2011

conversione del permesso ai 18 anni: problemi interpretativi

Cari amici,
alla pagina http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2011/ottobre/circ-interno-10-10-2011.pdf troverete una lettera del Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell'interno al Comitato per i minori stranieri relativa all'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 32 D. Lgs. 286/1998 in materia di conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore eta', recentemente modificate dalla L. 129/2011.

In un precedente messaggio, avevo scritto quanto riportato qui sotto:

"(...) sottolineo (sperando che gli uffici competenti del Ministero dell'interno e del Ministero del lavoro diramino le opportune istruzioni) come il comma 1-bis dell'art. 32, come modificato dalla L. 129/2011, recita, per la parte che qui interessa, come segue:

"1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 può essere rilasciato per motivi di studio, di accesso al lavoro ovvero di lavoro subordinato o autonomo, al compimento della maggiore età, ai minori stranieri non accompagnati, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri di cui all'articolo 33 etc., etc."

E' evidente come l'adozione di un parere positivo da parte del Comitato per i minori stranieri sia condizione necessaria per il rilascio del permesso, non gia' per la presentazione dell'istanza. Ne deriva che, mentre e' legittimo richiedere, ai fini di tale presentazione, che l'interessato abbia presentato al Comitato per i minori stranieri richiesta di parere, non e' legittimo considerare irricevibile l'istanza di conversione sol perche' il parere medesimo non sia stato ancora adottato."

Che la preoccupazione non fosse infondata e' dimostrato ora dalla lettera del Ministero dell'interno. Vi si afferma, infatti, che

"Tenuto conto della formulazione della norma, il parere del Comitato dovrebbe essere esibito dall'interessato gia' dal momento del deposito dell'istanza di conversione del titolo di soggiorno; tale documento, infatti, dovrebbe essere precedentemente acquisito da parte del soggetto che ha in carico il minore."

Lascio a voi giudicare se sia corretta la mia interpretazione della disposizione o quella, parca di argomenti, del Dipartimento della Pubblica sicurezza. Faccio notare che le contrapposte interpretazioni sono funzionali a due diversi obiettivi:

a) per quanto riguarda la mia (e di tanti altri), l'obiettivo e' che il neo-maggiorenne mantenga, fino all'esito del procedimento, piena regolarita' del soggiorno e titolarita' dei diritti associati al possesso del permesso in scadenza. Perche' tutto questo sia garantito e' necessario che la domanda di rinnovo/conversione del permesso sia considerata ricevibile anche se il Comitato per i minori stranieri non ha ancora rilasciato, al momento della presentazione, il parere;

b) per quanto riguarda l'interpretazione del Dipartimento della Pubblica sicurezza, l'obiettivo sembra essere quello della riduzione dei tempi necessari per la definizione del procedimento. Lo si ricava dalla proposizione successiva della lettera:

"Tale procedimento garantirebbe il necessario scambio informativo tra il Comitato per i minori stranieri e i Soggetti coinvolti, consentendo, senza dubbio, la definizione delle pratiche di conversione dei titoli di soggiorno in tempi celeri."

Non dubito che i tempi risultino celeri agli occhi del questore che li computi dal momento in cui il Comitato per i minori stranieri e i Soggetti coinvolti hanno completato anche il lavoro che sarebbe spettato ai suoi sottoposti. Viene in mente, pero', il motto che ciascuno di noi rivolgerebbe alla memoria del nonno del proprio nonno se scoprisse un tesoro da quello sepolto in giardino: "Grazie arcavolo!"

Mi auguro che le istituzioni interessate adottino una prassi tale da proteggere il minore (anche quando diventi maggiorenne) dalle conseguenze di eventuali (comprensibili) ritardi delle amministrazioni e/o di omissioni del soggetto che lo ha in carico.

Cordiali saluti
sergio briguglio