31 luglio 2013

accesso al pubblico impiego dello straniero (a.c. 1327)

Cari amici,
riporto qui sotto gli ordini del giorno Gozi & Mosca e Guerini et al., nelle forme accolte dal Governo (in grassetto le parole ammoscianti, richieste dal Governo quale condizione per l'accoglimento).

Ringrazio i parlamentari che hanno sostenuto, in vari modi, le tesi contenute negli ordini del giorno. Un grazie particolare a Silvia De Marchi.

Naturalmente, l'impegno cosi' assunto dal Governo e' evanescente. Stara' ai parlamentari che hanno presentato o sostenuto gli ordini del giorno impedire che i ministri competenti continuino, sul punto, a dormire indisturbati.

Cordiali saluti
sergio briguglio


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La Camera,
premesso che:
nel presente disegno di legge in discussione, all'articolo 7, si prevede la modifica dell'articolo 38, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.?165, per conformarlo alle disposizioni comunitarie in materia di condizione giuridica dei titolari di permesso soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, dei familiari stranieri di cittadini dell'Unione europea, dei rifugiati e dei destinatari di protezione sussidiaria;
con tale modifica si esplicita la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, di tali cittadini stranieri ai cittadini dell'Unione europea;
la stessa modifica risulta incompleta, dal momento che si omette di menzionare i familiari del rifugiato soggiornanti in Italia (che godono del medesimo status dei rifugiati ai sensi dell'articolo 22, comma 2, decreto legislativo n.?251 del 2007) e i titolari di Carta Blu UE (per i quali è escluso espressamente solo l'accesso al lavoro pubblico se questo comporta l'esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell'interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 27-quater comma 14 decreto legislativo n.?286 del 1998);
la parità, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, è garantita ad ogni straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentano di svolgere attività lavorativa (ad esempio, il titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro, per motivi familiari, per studio, per ricerca scientifica, etc.) in base agli obblighi che lo Stato italiano ha assunto con la ratifica della Convenzione OIL n.?143/1975 (ratificata con legge n.?158 del 1981);
in particolare, lo Stato italiano:
si impegna ad attuare una politica nazionale diretta a promuovere e garantire la parità di opportunità e di trattamento in materia di occupazione e di professione, nonché di libertà individuali e collettive per le persone che, in quanto lavoratori migranti o familiari degli stessi, si trovino legalmente sul suo territorio (articolo 10);
deve abrogare qualsiasi disposizione legislativa e modificare qualsiasi disposizione o prassi amministrativa incompatibili con la suddetta politica (articolo 12);
può restringere l'accesso a limitate categorie di occupazione e di funzioni, qualora tale restrizione sia necessaria nell'interesse dello Stato (articolo 14);
a tali obblighi deve conformarsi il Legislatore ai sensi di articolo 117 comma 1 della Costituzione, ed essi assumono un valore sovraordinato rispetto alle norme ordinarie interne, anche successive, diventando parametro di legittimità costituzionale delle medesime per effetto del medesimo articolo (sentenze della Corte Costituzionale n.?348 e 349/2007);
ai cittadini dell'Unione europea possono essere preclusi solo i posti che implichino esercizio di poteri pubblici o attengano alla tutela dell'interesse nazionale (articolo 38 comma 1 del decreto legislativo n.?165 del 2001) nonché i posti e le funzioni determinati ai sensi di articolo 38 comma 2 decreto legislativo n.?165 del 2001;
è escluso che possano essere imposte restrizioni più severe per i cittadini stranieri, sulla base di un non meglio precisato concetto di fedeltà alla Repubblica italiana, dal momento che le citate disposizioni che esplicitamente consentono l'accesso, alle stesse condizioni previste per i cittadini dell'Unione europea, per determinate categorie di cittadini stranieri possono applicarsi a persone appena entrate nel territorio nazionale o, addirittura, entrate in elusione dei controlli di frontiera (si pensi, in particolare, ai familiari stranieri di cittadino comunitario, ai rifugiati e ai loro familiari, per i quali il diritto di soggiornare e i diritti ad esso connessi sono riconosciuti anche a prescindere da un ingresso legale nel territorio dello Stato), per le quali un tale rapporto di fedeltà non è nemmeno ipotizzabile;
l'assenza di una esplicita affermazione, nella normativa nazionale sul pubblico impiego, che sancisca il diritto dello straniero di accedervi ha dato luogo, negli ultimi anni, a un notevole contenzioso giudiziario, risolto dai giudici, in modo pressoché univoco, con il riconoscimento del carattere illecitamente discriminatorio dei bandi di concorso per posti di pubblico impiego che limitassero la partecipazione ai cittadini italiani o dell'Unione europea (tra le numerosissime pronunce, si veda, da ultimo: Tribunale di Como, sez. II civile - lavoro, ordinanza 15.05.2013 n.?1503/13;
la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'articolo 38 decreto legislativo n.?165 del 2001, nella parte in cui non prevede esplicitamente l'accesso dello straniero cittadino di un paese non appartenente alla UE, ha rigettato, con l'Ordinanza 139/2011, il ricorso per manifesta inammissibilità, sulla base del fatto che il giudice rimettente non ha tentato una lettura costituzionalmente orientata della norma censurata, dando peso eccessivo all'orientamento restrittivo dell'isolata e risalente sentenza della Cassazione n.?24170/2006 (salvo poi disattendere, lo stesso giudice, quell'orientamento con l'ammissione provvisoria dello straniero ricorrente al concorso, dimostrando così di aver nei fatti individuato e scelto un'interpretazione costituzionalmente orientata);
la Corte Costituzionale ha dato così chiara indicazione di aderire a tale lettura (in questo senso, Tribunale di Milano 12 agosto 2011, Tribunale di Genova, ordinanza dd. 19 luglio 2011, Tribunale di Firenze, sentenza dd. 27 gennaio 2012);
la formulazione del comma 3-bis, introdotto, all'articolo 38 decreto legislativo n.?165 del 2001, dall'articolo 7 del disegno di legge in esame, facendo riferimento solo ad alcune categorie di stranieri ammessi al pubblico impiego, a parità con il cittadino dell'Unione europea, appare inadeguata ad adempiere gli obblighi fissati da articolo 12 Conv. OIL n.?143/1975, e rischia quindi di risultare in contrasto con articolo 117 comma 1 della Costituzione;
la stessa formulazione potrebbe indurre inoltre le amministrazioni pubbliche a interpretare la modifica legislativa come un intervento del Legislatore mirato ad escludere tutte le categorie non esplicitamente citate (lettura ancora una volta in insanabile contrasto con articolo 14 Conv. OIL n.?143/1975 e articolo 117 comma 1 della Costituzione), con conseguente allargamento di un contenzioso giudiziario nel quale le amministrazioni pubbliche sarebbero destinate irrimediabilmente a soccombere, con oneri a carico della collettività,
impegna il Governo
a valutare la possibilita' di fornire, in sede di applicazione delle disposizioni contenute nel disegno di legge in esame, un'interpretazione costituzionalmente orientata di tali disposizioni che espliciti definitivamente la parificazione, ai fini dell'accesso al pubblico impiego, tra il cittadino straniero legalmente soggiornante in Italia per motivi che consentono lo svolgimento di attività lavorativa e il cittadino dell'Unione europea.
9/1327/7. Gozi, Mosca.


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La Camera,
premesso che:
ai fini di una effettiva promozione dell'integrazione e della concorrenza nel mercato del lavoro, appare necessario che il nostro Paese disciplini in maniera chiara ed univoca la possibilità per i cittadini stranieri di partecipare ai concorsi per il pubblico impiego;
la normativa comunitaria dispone che i cittadini dell'Unione europea possano accedere ai posti pubblici che non implichino esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri e non attengano alla tutela dell'interesse nazionale;
la stessa normativa italiana oggi vigente estende tale possibilità ai familiari stranieri di cittadini comunitari, ai rifugiati e ai loro familiari, ai titolari di permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo e ai titolari di Carta Blu UE;
l'articolo 7 della Legge Europea 2013 interviene in tale materia stabilendo che «Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano ai cittadini di paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria» tale formulazione si presta ad un'interpretazione scorretta laddove sembra limitare la possibilità di accesso ai concorsi pubblici ai cittadini stranieri che si trovano nelle condizioni citate, in aperto contrasto con la Convenzione OIL n.?143 del 1975, ratificata dall'Italia nel 1981, e con una copiosa giurisprudenza nazionale, autorevolmente avallata dall'ordinanza della Corte Costituzionale n.?139 del 15 aprile 2011;
un'interpretazione siffatta, oltre a porsi in netto conflitto con la citata normativa internazionale e con la giurisprudenza domestica, costringerebbe i cittadini stranieri ad adire l'autorità giudiziaria per vedere riconosciute le proprie legittime prerogative, con notevole aggravio di costi e con un ingente effetto inflattivo sul carico di lavoro dei tribunali italiani,
impegna il Governo
a valutare la possibilita' di assumere con urgenza un'iniziativa normativa finalizzata a:
a) disciplinare in maniera compiuta l'ambito dell'accesso ai concorsi pubblici da parte dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione Europea, anche attraverso l'emanazione di un regolamento o una circolare esplicativa che chiarisca che l'unico requisito per l'accesso sia costituito dal possesso di un titolo di soggiorno che consenta attività lavorativa.
9/1327/4. Giuseppe Guerini, Pastorino, Bonomo, Ricciatti.

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